Venezia e i suoi meriti per l’enologia europea: Le Malvasie.

bacaro 1.pngpranzo in famiglia del Longhi.jpgLe mense dei Veneziani, a partire dal 1200, vengono arricchite dal vino: un esempio del consumo di tale alimento si trova  nel quaderno dei conti di Bernardo Morosini , redatto dal 1343 e tenuto per circa sei mesi: In esso vengono registrate tutte le spese sostenute da questa famiglia nobile: uova, carne varia e in particolare cacciagione e polli, quindi  pesce ( che viene consumato in maggior parte in quaresima) , poi cavoli e rape, fave, acquistati quotidianamente, oltre a piselli secchi, radicchi ed insalata. Il pane viene preparato settimanalmente, e viene annotato anche l’acquisto di formaggi, freschi o invecchiati, oltre alla frutta fresca.

Ma la spesa maggiore, rispetto a queste vettovaglie, è per il vino: in sei mesi ne vengono consumati 2800 litri, per un consumo giornaliero di circa sedici litri.

Piazza San Marco a Venezia.jpgQuindi a Venezia vengono smerciate diverse qualità di questo alimento che, che viene  ricavato da vitigni già preesistenti nelle isole Veneziane, comn S. Erasmo, S. Francesco della Vigna, e addirittura in Piazza San Marco, nel terreno donato dalle suore al Doge per ampliare lo spazio intorno alla basilica di proprietà della Repubblica.

La valenza di Porto Franco di Venezia permette alla Serenissima di importare ed esportare merci e conoscenze: e nella Morea si produce un nettare malvasia.jpgmalvasia_lipari_sic.jpgmalvasia-di-bosa-doc-L-Bzx58K.jpgdelizioso, con il nome di Monemvasia. Ecco che allora, , accorciato il nome di Malvasia, il vitigno di questo nettare viene esportato a Candia, in Istria nel Lazio, a Cagliari, alle Lipari, Brindisi, Casorzo d’Asti. Chianti . Basilicata, una comunione mediterranea e vini diversi in base alle alle terre diverse.

Calle della Malvasia.jpgCASANOVA.jpgEcco che allora a Venezia sorgono delle mescite pregiate, chiamate Malvasie, contrariamente a quelle più scadenti e diverse che offrono vini locali (ma non per questo riconosciuti ora meno pregiati), come furatole, osterie o magazeni, dove addirittura chi si accomodava sulle panche, magari fornito di pane e formaggio e pesce fritto, poteva, oltre che a bere vino scadente, ottenere denaro in prestito, ottenendo metà del prestito in fornitura di vino, chiamato vin da pegno.

Casanova , nelle sue memorie, ci ricorda la delicatezza e la bontà della malvasia e la raffinatezza di scelte legate agli abbinamenti di cibi,una cultura che ha sempre fatto parte della Serenissima, abituata a sperimentare, a sceglierre, a proprorre, e a donare a tutta Europa esperienze gastronomiche particolari e diverse.

 

 

 

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