La vocazione naturale di Venezia fu subito chiara, vista la sua posizione geografica, proiettata verso l’est Europa, e destinata a far fiorire il commercio con le popolazioni di tali zone.
Il problema Adriatico fu quindi il primo che la neonata Serenissima si trovava ad affrontare, legata com’era anche a Bisanzio, alla sua cultura, al suo fascino; nei primi secoli l’azione del Governo cercò di rendere sicura la navigazione mediante punti di appoggio contro i focolai di pirati narentani e saraceni, perciò le conquiste territtoriali non furono mai vistose, solo quanto bastava ed era indispensabile ad una strategia di dominio che si affidava soprattutto alla sicurezza delle rotte che portavano ad Oriente.
Tra i vantaggi e la strategia basata sul dialogo e sulle alleanze, ebbe molta importanza la Bolla d’Oro, un accordo fondamentale stipulato con l’Imperatore Basilio nel 992, che garantiva la strada aperta per i commerci e la navigazione verso Costantinopoli, ottenuto dal doge Pietro Orseolo II a riconoscimento del suo aiuto contro i Saraceni.
In questo modo Venezia ebbe la strada aperta per i commerci con la Siria, l’Egitto e l’Africa del Nord, e con banchine oltre che a Costantinopoli nel Corno d’Oro, e fondaci a Gerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo, Damasco, il Cairo.
Occupò anche isole del sud, e porti dell’Egeo. Grazie ai mercanti come Marco Polo ed altri, creò una profonda penetrazione mercantile anche in Asia minore, e creando addirittura servizi di linea che si estendevano, alla fine del 1300 all’Inghilterra e alle Fiandre.
Grazie alla conquista ed ai buoni rapporti con la Dalmazia La Serenissima era la regina del commercio in tutto il Mediterraneo.
Lo strumento più usato dalla Repubblica fu quindi la diplomazia, arte delicata a cui Venezia dedicò estrema attenzione e preparazione: allo scopo vennero preparati personaggi particolarmente abili, pronti a studiare le lingue e le abitudini dei luoghi dove darebbero stati inviati per creare un ponte “diplomatico”, e a governare quei veneziani che in quei luoghi si erano trasferiti: si tratta dei Baili, persone di grande cultura e di mente aperta, così come aperta era la civiltà Veneziana pronta a cercare di capire, ad adeguarsi, più che a imporre religione, usi, anzi, traendo da queste diversità possibilità di ampliare la propria cultura e, per quanto riguarda i commerci, le proprie informazioni: non a caso dalla Siria vennero le prime informazioni per la lavorazione del vetro, e dall’Islam la lavorazione dei tappeti e dei velluti.
I lavori orafi importati da Damasco, con relativi metalli preziosi, e le lacchi indiane, per l’abbellimento delle ceramiche. Ma il maggior apporto culturale fu quello legato alla filosofia ed alle scienze, tra cui l’algebra, parola araba, come arabi sono i numeri tutt’ora utilizzati, e lo zero, grande scoperta di qualcosa che è nulla ma che posta prima o dopo un numero ne accresce o ne diminuisce il valore.
Non a caso a Venezia venne pubblicato il primo Corano (inteso come libro) nel 1537 ,le opere astronomiche di Tolomeo , il compendio medico di Avicennia e le opere filosofiche di Avennoè.
Questa è stata la ricchezza di Venezia e dei governanti che si sono susseguiti nei secoli, dando lustro, potere e predominio culturale, letterario, filosofico, musicale e scientifico: una cultura aperta e pronta a recepire e capire!
Tutti elementi importantissimi quelli descritti,dei quali bisognerebbe fare riferimento costante anche nell’attualità; ma il “progresso” o cosiddetto tale, ha portato ad un “regresso” culturale palese.