Le “putte” dette altrimenti figlie del Coro, erano giovani ragazze degli ospedali – conservatori, specialmente trovatelle, a cui veniva insegnata l’arte della musica e del Canto, esibendosi all’interno di un coro durante la messa regolare.
Generalmente la loro vista era protetta da grate, ma il suono dei loro strumenti e le loro voci angeliche venivano ricercate ed apprezzate da nobili e gente comune, e da i visitatori stranieri che si mettevano in lista o si facevano raccomandare per poter mandare le loro figlie, a pagamento, in quegli ospizi per poter imparare la musica, il canto e l’educazione in generale.
Dal 1703 Vivaldi entrò alla Pietà come insegnante di Violino, e fu proprio per il privilegio di avere come insegnante ed autore delle musiche da loro eseguite un genio così vivo e geniale che pose le “putte” di Vivaldi all’apice del successo nell’ambito di una feroce competizione artistica fra i vari ospizi.
Racconta De Brosses, colto viaggiatore francese, che gli appassionati si spostavano da un istituto all’altro per non perdersi le “accademia” (i concerti) delle putte più dotate, senza tralasciare i conventi dove, tra le virtuose più brillanti, vi erano delle religiose.
Potevano accedere al Coro solo le più dotate, dopo aver superato un’audizione di prova, ed il numero era limitato: solo otto di queste ragazze venivano ricoverate stabilmente all’ospedale.
Imparavo i rudimenti della musica da un maestro di canto, o anche dal maestro di coro, e ricevevano lezioni di musica da ragazze più grandi che sceglievano alcune di più giovani da educare.
Moltre suonavano due o tre strumenti, mentre più di alcune erano attive anche come cantanti oltre che da strumentiste.
I libri musicali che servivano per lo studio erano procurati dalla stessa Pietà, avevano un numero fisso di pagine ed erano rilegati in cartoncino. E’ molto probabile che la copista dei libri fosse un’allieva del coro deputata a questo compito.
Dopo un periodo di apprendistato le più brave divenivano membri attivi del coro, un gruppo di circa quaranta cantanti e suonatrici che si esibiva nella Cappella della Pietà. All’interno del gruppo vi erano 14 figlie privilegiate ( tra cui due maestre di Coro) che avevano l’esclusivo diritto di agire come guardiane-tutrici per le figlie in educazione da famiglie nobili e borghesi.
La carica di Maestra era il grado più alto che potevano conseguire ed era limitato a venti di loro alla volta. Due di loro potevano diventare anche Maestre di Coro responsabili unitamente di tutte le faccende musicali o disciplinari concernenti il coro.
Le altre diociotto maestre avevano diverse mansioni musicali ed amministrative per le quali venivano periodicamente confermate o sottoposte a rotazione.
Una delle figlie più famose fu Anna Maria ( 1695/96-1782), maestra di coro, cantante e strumentista, (di cui agli archivi è rimasto un suo scritto) di grande fama per la sua epoca , alla quale venne dedicata perfino un’anonima satira politica.
Anna Maria, il cui talento emerse già dagli inizi sotto la guida di Vivaldi, fu una delle cinque figlie cui fu dato un permesso speciale, assecondando la richiesta della nobildonna Marietta Corner, di partecipare come concertiste/strumentiste in una disputa sulla dottrina cristiana tenutasi al Convento di S. Francesco della Vigna.
Divenuta principale violinista del coro ebbe una brillante carriera che le permise di arrivare alle massime cariche istituzionali.
Oltre al violino Anna Maria sapeva suonare anche il clavicembalo, il violoncello, la viola d’amore, il flauto, il mandolino e la tiorba, dimostrando un’abilità musicale multiforme e fuori dal comune.
Presto acquisì fama internazionale risquotendo gli apprezzamenti di alte personalità straniere in visita a Venezia.
Le figlie del coro erano comunque delle trovatelle, senza cognome, per cui per loro si erano coniati questi nomi: Caterina della Viola, Lucrezia del Violon, Mariarosa del Violon, Bernardina del Violin, Adriana della Tiorba, Fortunata Cantora.
Avendo raggiunto notorietà, venivano anche pagate per le loro esibizioni, per cui alcune mettevano da parte i soldi per la dote e, in seguito si sposavano o sceglievano la vita monastica.
La loro vita scorreva serena, e per qualche malore sofferto, o stanchezza, venivano inviate con amici in campagna, dove si rigeneravano, per poi tornare più entusiaste di prima, partecipando anche a feste, dove potevano conoscere magari futuri mariti o ammiratori.
Anche questa era la Venezia di Vivaldi, una città ribalda, colta, disinibita, ma anche devota, dove i sacerdoti componevano e dirigevano, e stuoli di giovinette erano esecutrici di vaglia.
Chi mi può dare notizie più approfondite sulla Scuola S.Giorgio degli Schiavoni di venezia? Grazie
Se può interessarti, erbio7, il 28.3.2010 ho postato un pezzo che tratta proprio della Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni e si intitola: Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni: tra draghi, templari ed arte.
Lo puoi trovare nel mio blog. Intanto un caro saluto, Piera
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Parte del repertorio suonato dalle putte dell’Ospedale della Pietà è oggi custodito in un fondo musicale appartenente al museo Corre e conservato presso il conservatorio B. Marcello di Venezia. Per maggiori informazioni sul contenuto:
http://fondocorrer.wordpress.com/