Nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale, tra i 76 ritratti dei dogi , ne appare uno su cui il Tintoretto dipinse un drappo nero ( a coprire il volto del Doge) ed una scritta: “Hic fuit locus Marini Faletri decapitati pro crimine proditionis”.
Il ritratto era appunto quello del Doge Marin Faliero (1285 – 17 Aprile 1355) che esercitò il Dogado dal 1354 e il 1355, unico giustiziato per alto tradimento e per cui la Serenissima attuò la ” Damnatio Memoriae” ( cancellando ogni traccia del traditore )
Marin Faliero apparteneva ad una prestigiosa e ricchissima famiglia, e poteva annoverare tra i suoi antenati due dogi: Doge Falier Dodoni Vitale (1084 – 1098 ) ed il figlio di questi, il Doge Falier Dodoni Ordelof (1102 – 1118). Quest’ultimo fu ucciso a Zara , sepolto a San Marco e definito ” Re dei Re” e correttore delle Leggi.
In quel periodo nel regime dei Dogi vi era il concetto del potere assoluto, e questo concetto probabilmente formò le idee di Marin Faliero.
Abitava in un Palazzo, bellissimo del duecento, ora sede di un Albergo
Aveva trent’anni quando ebbe l’incarico dalla Repubblica di uccidere Baiamonte Tiepolo, che nel 1310 aveva ordito una sua congiura.Fu un ottimo soldato e partecipò alla riconquista di Zara che si era ribellata nel 1345, fu membro del Consiglio dei Savi, quindi Governatore a Negroponte.
Sposò Aluica Gradenico, bellissima e molto giovane figlia di una famiglia nobile, così giovane che alcuni patrizi, tra cui il futuro Doge Michele Steno si permisero di scrivere apprezzamenti offensivi sulle mura del Palazzo.Alla morte di Andrea Dandolo Marin Faliero venne eletto al primo scrutinio, l’11 settembre 1354, mentre si trovava ad Avignore come ambasciatore presso il Papa Innocenzo VI .
Arrivò a Venezia in Bucintoro, come voleva la tradizione il 5 ottobre 1354. La barca dovette attraccare al centro del molo, nella piazzetta, ed il Corteo Dogale dovette passare tra le colonne di Marco e Todaro, luogo preposto per le esecuzioni delle condanne a morte; questo fatto venne considerato “estremamente di cattivo augurio”
Quello fu per Venezia un anno molto delicato: la guerra contro Genova, la guerra persa precedentemente contro i Veronesi e la peste avevano creato gravi difficoltà economiche e commerciali nella Serenissima, allora nella mente di Marin Faliero, ancora offeso per le disonorevoli scritte di Michele Steno nei riguardi della moglie, scattò l’idea di una congiura per assicurare il dominio della sua famiglia contro l’intera Aristocrazia che dominava la città.
Si rivolse perciò a chi, pur essendo ricco ma avendo umili natali non poteva aspirare all’impegno politico, tra cui l’armatore Bertuccio Israello, tagliapietra(membro della loggia massonica) e ricco proprietario di barconi Filippo Calendario, e Bertrando Bergamasco, ricchissimo pellicciaio.
La data dell’insurrezione venne fissata per il 15 aprile 1355; dovevano impadronirsi con le armi di Palazzo Ducale, uccidere i membri dei vari Consigli, quindi eliminare tutta l’aristocrazia, compresi i figli, sopprimere i membri del Consiglio dei Dieci e nominare infine il Doge ” Signore di Venezia”, con potere assoluto su tutti.
La congiura fallì per l’incauta confidenza fatta dal Bergamasco al Patrizio Nicolò Lion. I congiurati vennero arrestati e sottoposti a tortura: il 16 Aprile vennero giudicati, condannati e giustiziati.
Il 17 Aprile fu la volta di Marin Faliero: La sentenza venne eseguita nel Palazzo Ducale, li dove il Doge traditore aveva prestato giuramento di osservare ” la promissione”. Egli venne decapitato, ed il Boia, ancora con la spada insanguinata in mano disse: “Vardè tuti! L’è stà fata giustizia del traditor!.”
Il corpo rimase esposto su di una stuoia, con la testa accanto per un giorno, quindi la sera del 18 aprile venne caricato su una gondola e portato al luogo di sepoltura costituito da un cassone in pietra che fu messo dapprima in una cappella nella chiesa di SS. Giovanni e Paolo, quindi, svuotato e senza alcuna iscrizione od ornamento il cassone fu usato come serbatorio d’acqua all’Ospedale Civile, quindi venne collocato nella Loggia esterna dell’antica sede del Museo Correr.
IL 16 Aprile divenne, per decreto del Consiglio dei Dieci, festa nazionale, così come la celebrazione del fallimento della congiura di Baiamonte tiepolo, per ricordare i pericoli che aveva corso la Serenissima , traendone così giusto monito.
ciao, sappiamo del problema delle statistiche azzerate negli ultimi due giorni e i nostri tecnici stanno lavorando per risolvere la cosa…grazie mille per la segnalazione
la redazione
Ho letto alcune biografie di Bianca Cappello, ma non ho trovato traccia di diari, che storia è questa ? sapete dirmi qualcosa in più?
Come ho scritto sul post, nel 1827 il Tipografo Vincenzi Betelli, proprietario del Palazzo di via Maggio in Oltrarno a Firenze, e in cui visse Bianca Cappello, abbattendo un muro trovò un plico di 22 pagine, con cancellature e correzioni, in cui Bianca Cappello descriveva i suoi pensieri e la sua vita, fino ad un certo momento. Il Betelli affidò queste pagine a Stefano Ticozzi, ( Pasturo (Como) 1762-1836), membro onorario dell’Accademia di Belle Arti di Carrara e dell’Ateneo di Venezia, il quale raccolse in un libro lo scritto. Io conosco una vecchia edizione italiana ( Lerici di Milano ) del 1966. Penso che tu possa trovarla in giro da qualche parte. Pensa che nel 1971 è stata tradotta in ceco da Adolfo Felix. Spero di averti dato abbastanza informazioni. Ti ringrazio e colgo l’occasione per augurarti Buon anno nuovo! ciao, Piera